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domenica 12 luglio 2015

IL POPOLO DELLE SCIMMIE


George Orwell: "1984"


La crisi organica, sistemica del capitalismo ha una ricaduta sugli strati più bassi della classe borghese. La piccola borghesia tende a perdere ".... ogni importanza e scade da ogni funzione vitale nel campo della produzione, con lo sviluppo della grande industria (multinazionali della produzione e della distribuzione) e del capitale finanziario: essa diventa pura classe politica e si specializza nel cretinismo parlamentare.....". Questo fenomeno è chiaramente visibile nella storia contemporanea italiana e ha preso diversi nomi nelle sue varie fasi passate: fu chiamato in origine "avvento della sinistra al potere", poi divenne giolittismo, per poi dilagare nel riformismo socialdemocratico. "..... La piccola borghesia si incrosta nell'istituto parlamentare: da organismo di controllo della borghesia capitalistica sull'Amministrazione pubblica, il Parlamento diviene una bottega di chiacchiere e di scandali, diviene un mezzo al parassitismo....." Oggi ci troviamo in una situazione per molti versi simile, sicuramente diversa, non comprimibile nelle braghe dell’analogia storica, tuttavia, proprio dai drammi passati deve scaturire per le forze politiche realmente di sinistra la consapevolezza che nulla va sottovalutato. Le crisi organiche sono dominate dalle «rivoluzioni passive», vale a dire, fasi di modernizzazione autoritaria nelle quali le "riforme" vengono realizzate attraverso la passività coatta delle grandi masse popolari (e non bisogna lasciarsi ingannare da falsi esercizi di sovranità popolare attraverso strumenti referendari) con il preciso obiettivo di consolidare l’ordine sociale ed uscire dalla situazione di crisi. Il fascismo è uno degli esempi più emblematici di ciò, ma non il solo. Siamo di fronte ad un gigantesco tentativo di ristrutturazione internazionale dei rapporti sociali e di produzione da parte delle classi dominanti, la cui portata potrà essere valutata appieno solo tra venti o trenta anni. Le scorciatoie per raggiungere questo risultato sono sempre in agguato. Le forze favorevoli alle svolte reazionarie tendono ad utilizzare le categorie sociali irrequiete, come massa di manovra, e si servono di movimenti più ambigui e bizzarri. L'enorme sviluppo dei mezzi di comunicazione (dai mass media a internet, passando da tutti i social network) contribuiscono notevolmente ad una induzione inconscia dei movimenti di massa verso obbiettivi preordinati. Ne consegue che una pura osservazione sociologica/antropologica di tali strumenti è limitata e fuorviante. Riflettere e provare a mettere in relazione i tanti segnali contraddittori della situazione attuale non è per niente facile, ma penso sia un dovere impossibile da aggirare, salvo pentirsene amaramente in seguito per non averlo fatto.

domenica 24 maggio 2015

TTIP: IL TRATTATO COMMERCIALE CHE TUTELA GLI INTERESSI E I PROFITTI DEL COMITATO D'AFFARI DELLA BORGHESIA

TTIP: IL TRATTATO COMMERCIALE CHE TUTELA GLI INTERESSI E I PROFITTI DEL COMITATO D'AFFARI DELLA BORGHESIA
Questa volta si sono organizzati proprio per bene, dal momento che il concetto di multinazionale iniziava ad andare stretto, si è pensato bene di passare alle sovranazionali e il tutto è nato in sordina, tra pochi intimi, delegati allo specifico, che di umano hanno solo l’aspetto morfologico, ma il cui mondo interiore è formato unicamente da cifre da tradurre in guadagno. Senza pubblicizzare la cosa, nel più stretto riserbo, nel luglio del 2003 sono iniziate le trattative tra gli addetti ai lavori di Stati Uniti e Unione Europea per la nascita del TTIP, acronimo di Transatlantic Trade and Investment Partnership, un nome complesso per definire quella che è l’evoluzione di un meccanismo tutto teso a frantumare quanto rimasto a contenere i profitti delle multinazionali, rendendo transnazionale il commercio, riscrivendo, verso il basso, alcune regole che sin qui hanno disciplinato la materia, tenendo presente che per armonizzazione gli USA intendono sostanzialmente una sorta di adeguamento ai loro standard.
Cosa significa tutto questo? Molto semplicemente che, con il pretesto di voler armonizzare le normative sul commercio USA UE, verranno privilegiati mercato e interessi di bottega, relegando a margine quelli della collettività, con decisioni che verranno prese ignorando del tutto la persona cittadino e soprattutto ci si ritroverà all’interno di un meccanismo di commercio cui gli stati dovranno adeguarsi, pena la possibilità di esser trascinati in giudizio ove mai un’azienda si ritenesse danneggiata da una legge nazionale in contrasto con il TTIP e non si capisce perché, nelle democrazie occidentali, i padroni debbano sempre avere tutele speciali, o forse, si capisce sin troppo bene dal momento che questa è l’ennesima cosa da loro messa in campo perché sia funzionale, senza alcun tipo di sbavatura, ai propri interessi.
Inutile dire che un trattato, così concepito, limiterebbe la sovranità di uno stato ed è ancora più inutile dire che una volta messo in piedi tutto questo baraccone, quelle che sarebbero le linee guida del TTIP, si tradurrebbero in veri e propri ordini per tutti. La cosa che più sconcerta è che le trattative, malgrado siano in una fase piuttosto avanzata, non abbiano, sin qui, informato adeguatamente parlamenti nazionali e cittadini su disposizioni e normative che in qualche maniera potrebbero incidere su i loro diritti; i rischi che si corrono sono tanti, a partire, come già detto, dal vedere compromesso il concetto di sovranità della nazione dal momento che il TTIP prevede l’istituzione di un meccanismo di arbitrato internazionale, l’ISDS (Investor State Dispute Settlement), che consentirebbe al padrone di turno di citare in giudizio uno stato e reclamare un risarcimento per quanto egli ritenga che quest’ultimo abbia compromesso o danneggiato gli investimenti e gli interessi commerciali della propria impresa: sarebbe sufficiente il divieto di impiegare una sostanza ritenuta tossica, o la direttiva di utilizzare medicinali a basso costo, o rivedere al rialzo qualche salario minimo, per trascinare in giudizio uno Stato, dinanzi a un tribunale, protetto da vincolo di segretezza, che potrebbe condannare quest’ultimo a pesanti sanzioni.
Ma la cosa non finisce qui, perché, in effetti, l’UE sta chiudendo un accordo con gli USA, paese in cui le normative in diversi settori sono piuttosto disinvolte e non come quelle europee che al contrario incidono più profondamente, per cui va da sé che le norme che regoleranno questa cloaca massima del libero commercio verranno riscritte strizzando l’occhio ai parametri USA e diversi saranno i settori in cui i cittadini europei vedranno una contrazione dei livelli cui sono abituati.
Si inizia con la sicurezza alimentare: negli USA, in agricoltura, è consentita la coltivazione e il commercio di OGM ed è permesso, nell’allevamento dei bovini, l’utilizzo di ormoni e stimolanti della crescita, cose queste considerate potenzialmente cancerogene; se l’accordo venisse approvato, c’è qualcuno che pensa che gli USA potrebbero a riguardo modificare la propria normativa, adottando, non dico quella Italiana, che è la più severa, ma almeno quella europea che ha stand più restrittivi? Il reale problema è che l’Europa rischia di aprirsi a queste immondizie. E che dire poi dei beni comuni? A iniziare dall’acqua, il cui essere bene comune è già fortemente minacciato, all'energia, alla sanità e quant’altro dovrebbe esser patrimonio messo a disposizione, cesserebbero di esser diritti per trasformarsi, dopo le inevitabili privatizzazioni, in oggetto di commercio non da tutti acquistabile.
L’elenco è piuttosto lungo, c’entrano ad esempio i diritti dei lavoratori, nei riguardi dei quali gli USA hanno ratificato una parte piuttosto esigua delle convenzioni dell'Organizzazione Mondiale del Lavoro e difficilmente i padroni di quella parte del mondo, vorranno convergere verso gli stand Europei, insufficienti sì, ma sicuramente più avanzati, per cui, anche in questo settore, per stabilire un punto d’incontro è possibile che ci sia una progressione degli USA, alla quale corrisponderebbe, gioco forza, un regresso dell’UE. In tutto questo, cosa accade in Italia? “Il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti ha l’appoggio totale e incondizionato del governo italiano.”, questo è quanto ha dichiarato il presidente del Consiglio Matteo Renzi, intervenendo a Palazzo Colonna, a Roma, in occasione di una giornata di dialogo sul TTIP e aggiunge: “Ogni giorno che passa è un giorno perso”, sì, perché Renzi si attende “un salto di qualità e uno scatto in avanti” nelle trattative, augurandosi che si concludano “entro la fine del prossimo anno”, perché il TTIP, ne è convinto il premier, “non è un semplice accordo commerciale come altri, ma è una scelta strategica e culturale per l’UE.”. Che dire? Beato lui che vive di certezze e di queste certezze, dal momento che non vengono minimamente intaccate, nemmeno se le critiche a questa sorta di liquame arrivano da Joseph Stiglitz, premio nobel per l’economia, il quale nel corso di una sua lectio magistralis, tenuta proprio ai nostri onorevoli, ha dichiarato senza mezzi termini: “Si tratta di un accordo la cui intenzione sarebbe di eliminare gli ostacoli al libero commercio, ma quegli ostacoli, altro non sono che le regole per la tutela dell’ambiente, della salute, dei consumatori e dei lavoratori.”.
Nota positiva in tutto questo è la presa di coscienza da parte di milioni di cittadini riuniti in un unico grande fronte che va sotto il nome di Stop TTIP, la cui mira è quella di bloccare l’accordo o quantomeno di salvaguardare valide quelle norme di tutela che invece si vuole abolire. Il Pcl non si tira fuori dal denunciare tale porcheria liberista, consapevole che salvaguardie e diritti, strappati alla borghesia, in secoli di lotte per i lavoratori, la giustizia, l’ambiente, la scuola pubblica, la sanità, verranno definitivamente squassare per compiacere la fame di profitto delle multinazionali, dal momento che tutte le vertenze tra leggi dello stato e interessi delle holding, passeranno al vaglio di un arbitrato egemonizzato da poteri forti. Ci battiamo, perché si sappia quanto accada sulle teste di ognuno e che questo accordo scellerato avrà ripercussioni su tutti i settori produttivi e di conseguenza sugli standard della vita di tutti. Importante intanto, è aver rotto quel muro di silenzio che sin qui ha retto il gioco a questa estrema nefandezza del padronato mondiale ed è solo facendo lavoro di avanguardia e coscientizzazione tra (i più piegati e ancora una volta) proletari, dando loro la possibilità di conoscere e mettendoli in condizione di agire, che si potrà avere ragione di quello che si prospetta come l’ennesimo crimine contro l’umanità.

lunedì 27 ottobre 2014

Care compagne e cari compagni,
               ho voluto partecipare oggi a questo attivo unitario dei delegati  FIOM non tanto perché convinto dell’ utilità della presentazione di una piattaforma unitaria sul fisco e sulle pensioni, quanto per avere la possibilità di confrontarmi con  tanti delegati e delegate ormai stanchi degli apparati sindacali.
               Lo stesso volantino che presenta l’ iniziativa odierna anche agli occhi del più ingenuo delegato RSU, nei suoi contenuti,  si rivela quantomeno bizzarro recita infatti il suddetto volantino:  “…..la riforma Fornero è stata una gigantesca finanziaria che toglie…..etc. etc……..ha creato ingiustizie nei confronti delle donne, dei giovani, degli esodati, dei lavoratori e degli stessi  pensionati …..BISOGNA CAMBIARLA!...”                                            
               I miei vivissimi complimenti: quando venne varato tale massacro sociale alcune delle sigle sindacali oggi qui presenti semplicemente lo appoggiarono, un’ altro sindacato, la CGIL  al quale appartengo,si limitò ad un penoso dissenso di facciata condito da qualche ora di sciopero: serve aggiungere altro? Prima si aprono le stalle e si fanno uscire le mandrie e poi si corre a riprenderle  urlando al disastro, senza ricordare di aver favorito  tale fuga……un comportamento da studio psichiatrico di sdoppiamento della personalità.
             Il volantino si limita, nelle sue proposte, a rendere più digeribile la cicuta dimenticando però che la cicuta è un veleno mortale ad azione lenta e paralizzante. Invece di rimandare il veleno al mittente organizzando la rabbia e la disperazione del mondo del lavoro ci si presta ad addolcirlo rimandando solamente il giorno delle esequie.
             Allora mi chiedo: voi dirigenti sindacali potete mettere in campo ancora iniziative di tale genere, ma sappiate che ci sono delegati e lavoratori che non si presteranno più a reggervi il gioco (molte volte finalizzato ad avere un accredito al tavolo delle trattative con l’ ennesimo DUCETTO ITALICO al quale ricordiamo che fine fece il buon BENITO): la verità, care compagne e cari compagni, è una e una soltanto: il capitalismo non funziona, non è riformabile, il conflitto fra Capitale e Lavoro non è sanabile!  Chiunque voglia far rimanere sul mercato la propria azienda deve produrre utili e il lavoro per qualsiasi imprenditore è un costo. Per difendere i profitti si riduce il costo del lavoro ( si licenzia, si de localizza, si rendono schiavi i lavoratori), ma così facendo si riducono drasticamente le capacità di consumo dei lavoratori-consumatori le merci non vengono vendute e il PLUSLAVORO (ebbene sì ancora MARX!) non si trasforma in profitto: è un circolo vizioso dal quale il capitalismo non ne uscirà se non che  con un atto distruttivo attraverso guerre che poi favoriranno la ripresa dovendo ricostruire ciò che si è distrutto. Dalla crisi del  ’29 gli USA ne uscirono non con il New Deal , ma con una guerra di portata mondiale.
              Una società basata sul profitto , sulla crescita economica e sulla competizione anziché sui bisogni, sull’ equa distribuzione e sulla collaborazione è destinata a fallire tragicamente causando l’ estinzione della specie umana: è ora di fermarsi, di ragionare e di mettere l’ Umanità al centro del nostro agire e non il profitto!
            Sicuramente sarà una dimenticanza, ma nel volantino non c’è alcun accenno all’ennesimo attacco all’ Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (già ridotto a brandelli dal bombardamento della Fornero), Statuto che io comunque considero un mezzo per addolcire la schiavitù del lavoro salariato, ma è anche vero ed indiscutibile che fu conquistato in un periodo di grande forza del proletariato così come è assolutamente incontrovertibile che oggi “ Monsieur le Capital”, approfittando di un periodo di grande debolezza del proletariato, sta inesorabilmente cancellando quelle che furono per lui concessioni “dolorose”, fatte per recuperare quell’ ordine sociale che gli stava sfuggendo di mano passando spietatamente sopra le nostre teste se non troverà nessuna forma di resistenza.
          Renzi, in conclusione, non è altro l’ ennesimo burattino: mente sapendo di mentire e rilascia dichiarazioni ai servi giornalettari e pennivendoli  ( che altro non sono se non l’ esatto rovesciamento della realtà : “ IL MONDO CAPOVOLTO”  per dirla con il Moro di Treviri).
          Aderiamo dunque allo sciopero? Si, noi aderiamo allo sciopero da Comunisti, per dare voce ai Comunisti: NOI VOGLIAMO  IL SUPERAMENTO DELLO STATUTO DEI LAVORATORI ATTRAVERSO L’ ABBATTIMENTO DEL CAPITALISMO E L’ INSTAURAZIONE DELLA DITTATURA DEL PROLETARIATO!
Attivo unitario dei delegati CGIL CISL UIL
Discorso del compagno Matteo Salemme delegato FIOM e militante del Partito Comunista dei Lavoratori
Parma 23 ottobre 2014



mercoledì 24 settembre 2014

RIFLESSIONI SULLE FORME DI LOTTA
  Il capitalismo è per sua natura intrinsecamente violento. Per asservire l’umanità e derubarla di ciò che produce ha bisogno costantemente di annientarne la volontà negandogli la possibilità di progredire in armonia con i suoi simili e con l’ambiente in cui vive. A questo scopo si è dato un apparato di controllo via via sempre più efficace nel terrorizzare, annichilire e, quindi, asservire la classe dominata: lo Stato, che con le sue propaggini apparentemente estranee ad un agire di lotta finalizzato ad affermare il principio del dominio dell’uomo sull’uomo (istituzioni politiche piuttosto che apparato burocratico), ma in realtà assolutamente funzionale ed esiziale alla Guerra di Classe che la borghesia conduce contro il proletariato. Guerra che esiste nelle sue forme palesemente manifeste e non: manifeste nella figura militare dello “sbirro” e del carcere, e dunque nella repressione vera e propria, o occultate nelle forme legislative della democrazia borghese, come la legiferazione sul lavoro il cui effetto più evidente è la disgregazione contrattuale che divide in più parti i lavoratori in base alla tipologia di contratto a cui devono sottostare. Ad una analisi critica più attenta le forme di aggressione meno palesi risultano essere quelle più efficaci nella realizzazione del controllo sociale ed ideologico e, paradossalmente, più violente perché colpiscono senza dare ai lavoratori nessuna possibilità di difendersi! Noi avanguardie riteniamo altresì una violenza inaudita quella che, attraverso l’intero blocco mass-mediatico schierato dalla parte del capitalismo, opera nella mente di ogni singolo individuo scavalcandone la coscienza critica ed instillandone nell’inconscio il bisogno effimero della “necessità”,  annichilendone di fatto il bisogno concreto ed umano di “Libertà”, creando dei desideri assolutamente falsi, veri e propri feticci, il cui scopo polivalente è quello di indurre a consumi crescenti, alla conservazione del profitto garantito, al controllo totale delle coscienze: in breve al totale asservimento della stragrande maggioranza della popolazione a favore di oligarchie minoritarie. Con fermezza ribadiamo che questo è il vero volto della democrazia borghese! Per chiarezza, da comunisti  che si pongono coscientemente lo scopo dell’abbattimento dello stato di cose presenti l’ultima e definitiva forma di lotta è la Rivoluzione Sociale perché mai il comando del Capitale rinuncerà all’espropriazione della vita degli esseri viventi: mai il Capitale per sua natura, tipica di ogni potere assoluto, rinuncerà  a sfruttare l’umanità! Mai la borghesia rinuncerà alle sue prerogative di classe criminogena continuando ad estorcerle con brutalità e violenza: pensarlo e mera utopia, idealismo da salotto sconnesso dalla realtà. Consci che i meccanismi sociali prescindono dalla volontà dei singoli, riteniamo che anche e soprattutto la costituzione della “Milizia  Proletaria” praticante la Guerra Sociale resta uno degli scopi primari delle avanguardie rivoluzionarie. Fatta questa premessa il problema diventa “del come e del quando”. Se, a livello puramente teorico, l’insurrezione proletaria è all’ordine del giorno nei fatti non è praticabile in questa fase storica. Nel luglio del 1917 il proletariato di Pietrogrado fece un “Vyshuplennie” (manifestazione armata)per scatenare l’insurrezione nonostante il parere contrario del partito bolscevico e fu sconfitto. Nell’ottobre dello stesso anno lo stesso proletariato guidato da Lenin scatenerà la vincente Rivoluzione. Questo è uno dei tanti esempi storici. Lenin scriverà che i comunisti devono rimanere legati alle masse di cui ne sono avanguardie militanti senza fare fughe in avanti rispetto al livello di coscienza del proletariato per non rimanere isolati e sconfitti. Lo scopo dei comunisti è creare coscienza rivoluzionaria in un processo di crescita dialettico. Questo è oggettività, la soggettività sarebbe confondere il bisogno delle avanguardie con quello di tutto il proletariato che  va educato e fatto crescere alla Rivoluzione. L’alternativa e l’isolamento e conseguentemente la sconfitta come è successo con le formazioni combattenti degli anni ’80. Esse hanno perso quando il livello dello scontro, che da un certo momento in poi hanno praticato, non era più condivisibile dal proletariato di per sé già battuto nelle sua progettualità antagonista. Oggi, vista la tremenda condizione di arretramento del livello di coscienza della massa dei lavoratori determinato da decenni di sconfitte operate dell’ex  PCI e suoi successori, da un lato, e, dall’altro, dalla oggettiva incapacità dei rivoluzionari di imporre la loro egemonia, c’è da pensare a nuove forme di lotta che portino alla rottura sovversiva come necessità della Classe. Assodato il fatto che non esistono modalità astratte o libresche di scontro sociale, ma che la lotta si attua sul campo partendo dai rapporti di lotta esistenti per forzarli e costruirne di nuovi, come avanguardie riteniamo  che le forme di lotta, che il movimento si dà, di volta in volta, senza tabù o miti dogmatici, abbiano valore puramente tattico, un tatticismo intergrato in una strategia più ampia e partecipata da tutti i soggetti realmente antagonisti. Riteniamo che, tatticamente, i modelli di lotta, di conflitto, debbano essere determinati dal livello di coscienza delle masse perché possano essere funzionali al reale ed efficaci da un punto di vista strategico. Nel concreto non esiste nessuna pregiudiziale verso la “violenza” ( il Capitale la applica oltre ogni dire) o la  “non violenza”, ma esistono, appunto, solo scelte “tattiche” funzionali allo sviluppo del conflitto: l’alternativa non è tra il mitra o la resistenza passiva, ma tra ciò che serve ed è compreso dalle masse in un dato momento storico. Scelta utilitaristica che nulla esclude, scelta dovuta all’immaginazione e alla simbiosi tra le avanguardie e le masse, tra il “dove siamo” e il “dove e come ci andiamo”. Scelta in cui è giusto ciò che è funzionale, azioni che colpiscano l’immaginario collettivo e di cui ne siano espressione, che creino leggende possibili e condivisibili, che incendino le metropoli, ingrigite dalla servitù del potere borghese, con i centomila fuochi della Rivolta accesi dalla creatività della Classe ed intorno ai quali si aggrega ed unisce tutto ciò che altero rispetto al Dominio, perseguendo un progetto politico alto: sovvertire lo Stato capitalista e borghese.

PCL Parma Frida Kahlo                                                                     Commissione comunicazione e propaganda

mercoledì 13 agosto 2014

Bandiera palestinese e israeliana, Gap a Pizzarotti: "Equidistanti? Vuol dire essere complici"

Bandiera palestinese e israeliana, Gap a Pizzarotti: "Equidistanti? Vuol dire essere complici"

Bandiera palestinese dal Ponte delle Nazioni. Il Gruppo di Azione per la Palestina risponde al sindaco Federico Pizzarotti che aveva scritto un post su Facebook in occasione dell'aggiunta della bandiera della Palestina, di fianco a quella di Israele con in mezzo il vessillo della pace
L'immagine pubblicata sul profilo Facebook del Gap


Bandiera palestinese e israeliana, Gap a Pizzarotti: "Equidistanti? Vuol dire essere complici"
Bandiera palestinese dal Ponte delle Nazioni. Il Gruppo di Azione per la Palestina risponde al sindaco Federico Pizzarotti che aveva scritto un post su Facebook in occasione dell'aggiunta della bandiera della Palestina, di fianco a quella di Israele con in mezzo il vessillo della pace. Gli attivisti: "Essere equidistanti significa sostenere l'occupante e divenirne complici". 
LA NOTA DEL GAP DI PARMA. I simboli hanno un significato… che non può essere ignorato. In primo luogo vogliamo esprimere la nostra soddisfazione per il fatto che nella nostra città finalmente sventola la bandiera palestinese, simbolo di un popolo coraggioso e indomito di fronte all’ingiustizia e all’occupazione militare israeliana. Siamo contenti, in quanto tutti i sostenitori del sionismo e dello stato di Israele hanno sempre tentato di nascondere l’esistenza stessa del popolo palestinese, che da più di 66 anni deve resistere di fronte al tentativo di pulizia etnica e di genocidio: innalzare ufficialmente la bandiera palestinese significa infatti riconoscere il suo popolo, la sua storia e, soprattutto, i suoi diritti. Rappresenta dunque un atto simbolico, che ai più forse passerà inosservato, ma dal significato importante e notevole, soprattutto se interpretato come un passo verso la diffusione di una coscienza collettiva forte e condivisa, schierata, partigiana. Questo piccolo risultato è stato raggiunto attraverso l’impegno e la mobilitazione di tutte le organizzazioni e i militanti vicini alla causa palestinese, che con le loro iniziative e dimostrazioni hanno portato la Palestina nel dibattito cittadino, mostrando che non tutti nella nostra città rimangono impassibili di fronte al massacro, di fronte all’occupazione, di fronte al razzismo intrinseco nell’ideologia sionista. Tuttavia rimangono aperte alcune questioni che non devono essere tralasciate, e che anzi meritano di essere pubblicizzate e approfondite, per comprendere appieno l’argomento. In particolare ci riempie d’indignazione il fatto che la bandiera palestinese sia stata affiancata alla bandiera israeliana ( simbolo di uno stato razzista e guerrafondaio, oppressore diretto del popolo palestinese), distanziata solo dalla bandiera della pace, come a dire: la carneficina di Gaza ci scandalizza, le foto dei bimbi massacrati ci nauseano, i bombardamenti sono disdicevoli…ma nulla più. Siamo equidistanti noi… Oltre tutto ci pare evidente come l’affiancamento tra la bandiera della pace e quella sionista sia una palese contraddizione, dal momento che Israele continua impunito da 66 anni l’occupazione militare della Palestina, si è macchiato di delitti atroci ed ha fatto e continua a fare tutto ciò per raggiungere la pulizia etnica della Palestina. Queste sono cose che non possono essere ignorate, né falsificate: sono pezzi di storia, sono date, luoghi, elenchi di persone massacrate, villaggi distrutti, violazioni continue dei diritti umani; sono la faccia dello stato sionista d’Israele, che si può permettere, nel silenzio complice dei nostri governi, di rifiutarsi di accettare le risoluzioni dell’Onu a favore dei palestinesi, sempre disattese.
Noi stiamo col popolo palestinese, che ancora aspetta il momento della sua liberazione, con la stesso ardore e determinazione dei nostri nonni, che settant’anni fa combattevano nelle montagne e nelle città l’occupante nazista, per costruire una società in cui la giustizia fosse la garanzia di una vera e duratura pace. Lo sosteniamo e condanniamo Israele, stato razzista e occupante una terra che non gli appartiene; non vogliamo dunque che siano messi sullo stesso livello, in quanto la situazione odierna purtroppo li pone su due piani antitetici: i palestinesi sono il popolo oppresso, schiacciato dalla macchina da guerra e d’apartheid sionista, espressione del governo oppressore di Tel Aviv. Le cose vanno dette come stanno; proprio ora che riprendono i bombardamenti sulla popolazione civile di Gaza, non possiamo tollerare la bandiera israeliana, tantomeno affiancata da quella della pace. Vogliamo continuare a rimanere umani. Senza giustizia nessuna pace. Col popolo palestinese! Fino alla vittoria!

In conclusione ci permettiamo di rispondere a Federico Pizzarotti, Sindaco di Parma a “Cinque Stelle”, che aveva lamentato il fatto che “da qui non potessimo lavorare per la pace in Palestina”, non avendo “né la capacità né le competenze”. Posto che capacità e competenze si acquisiscono con l’interesse, l’informazione e la passione, ci permettiamo di indicare alcune azioni concrete per “lavorare per la pace in Palestina”: 
-chiedere al Governo Italiano l’espulsione dell’ambasciatore israeliano in Italia. -chiedere al Governo Italiano di interrompere la vendita di armi ad Israele. 
-chiedere al Governo Italiano e alla Regione Emilia Romagna di interrompere gli accordi commerciali esistenti con Israele. 
-aderire alla Campagna Internazionale “Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni. 
-escludere dai bandi comunali le aziende che partecipano all’occupazione militare, ad esempio la Pizzarotti S.p.A., che sta costruendo un treno ad alta velocità che attraversa i territori Palestinesi, pur essendo riservato solo agli israeliani. 
-togliere la bandiera israeliana fino a che continuerà l’occupazione, l’inosservanza dei diritti umani e il tentativo di genocidio a Gaza.
-chiedere all’Università di Parma di interrompere ogni scambio con istituzioni israeliane, invitando al contrario a collaborazioni con scuole ed università palestinesi. Questi sono solo alcuni esempi, quello che è fondamentale è la volontà di prendere posizione ed agire, per non essere indifferenti, per rimanere umani


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Il sindaco di Parma cita "La città futura" di Gramsci alla manifestazione del 25 Aprile. Non potevamo rimanere "indifferenti".

               IL GRUGNITO DEL MAIALE
Odio gli indifferenti scriveva Gramsci, ma a qualcuno non è ancora chiaro che per lui la categoria degli indifferenti racchiudeva in se anche altre categorie come ad esempio gli abulici, i parassiti, i vigliacchi, ma soprattutto i non più umanamente vivi. Gli indifferenti cioè coloro i quali si nutrono di quel poco che il potere lascia volontariamente cadere, miserabili briciole per miserabili esseri. Già indifferenti è anche miserabili. Lasciando che poche mani, nell’ombra, non sorvegliate da nessun controllo, tessano la tela della vita collettiva e i molti, abulici, vigliacchi, miserabili e indifferenti si nascondono all’ombra di quella tela, vivendo, disperati, nella speranza che un giorno anche loro, o magari qualche loro discendente, possa essere parte di quelle mani: un unghia, un dito o un pezzo di pelle e godere dell’arte della politica. Ed è chiaro che quelle mani altro non sono che un insieme geneticamente caotico di parassiti, opportunisti, vigliacchi, arraffatori, intrallazzisti, grugnanti maiali, indifferenti che il loro agire sacrifichi altri esseri alla povertà, alla disperazione dell’abbandono. Adesso che la tela tessuta nell’ombra arriva a compimento e che sembra che sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi fingeva di non sapere, chi era stato attivo e chi, indifferente, il maiale appunto, grugnisce ancora più forte, si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. E grugnisce ebete: “……L’indifferenza la si vede nei comportamenti scorretti o francamente illegali, ma anche nei gesti più piccoli e apparentemente insignificanti. Chi non paga le tasse, chi non rispetta le regole, anche quelle più piccole e di convivenza, chi degrada e sporca le pareti della nostra città, chi getta la carta per terra anziché usare il cestino, chi lascia la macchina in doppia fila, chi non paga i biglietti dell’autobus, chi non fa le fatture. Se tutti facessimo la nostra piccola parte nella società, se odiassimo l’indifferenza, vivremmo in una società più giusta per tutti….” Eccolo il frutto di vite indifferenti, disperatamente vissute nella speranza di arrivare, un giorno, a tessere la tela della collettività, umani morti nel tragitto, rinati maiali la cui consistenza è pari al grasso di cui si nutrono. Ma non basta: “…..Il 25 aprile deve essere per noi, naturalmente, anche un giorno di festa e di memoria, in cui ci ripromettiamo di lasciarci alle spalle gli odi razziali, la violenza dell’intolleranza, la dittatura del più forte, le disuguaglianze sociali. Ma vorrei che fosse il giorno in cui ci lasciamo alle spalle anche l’indifferenza. La nostra Parma è una città che non è mai stata indifferente, la medaglia d’oro al Valor Militare per la Resistenza ne è la più viva testimonianza….” Può il maiale farsi una colpa di essere stato un tempo umano, può ammettere che la sua indifferenza lo ha trasformato nel grasso rancido di cui si è nutrito? No! Grugnisce ebete, ignorante, pusillanime e sporca di fango e feci tutto ciò che tocca, ammantandosi di valori che ha di fatto disconosciuto e che non sono mai appartenuti a chi quelle mani, a cui si è venduto, anima e muove.

“Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione…..”
Ad Antonio Gramsci 

lunedì 11 agosto 2014

Report dal campo estivo: 10 agosto, secondo giorno

10501801_10152185085377624_523588660350067643_nDomenica 10 Agosto, secondo giorno di campo estivo

Il numero dei bambini è aumentato notevolmente oggi!
Il centro Amal al Mustaqbal questa mattina ha ospitato circa 60 bambini di età compresa tra i 3 e 12 anni; le maestre li hanno divisi in gruppi ciascuno dei quali prende il nome di una città o di un quartiere della striscia di Gaza, ovvero  Rafah Shujaia Khuzahaa Jabalia.
Questi sono i luoghi scelti che ogni mattina vengono ricordati con un canto di incitamento assegnato ad ogni gruppo che esprime tutta la vicinanza alla popolazione della Striscia.
Tra le varie attività i bambini con l’aiuto delle insegnanti hanno costruito un legame seppur simbolico con i coetanei gazawi tramite lettere e disegni.
È interessante notare come riescano a dedicare in modo così tanto sentito questo momento a quei bambini e a quelle persone a cui la brutalità dell’occupazione tenta di ostacolare ogni tipo di contatto: ma la solidarietà tra palestinesi va oltre le barriere imposte da Israele ed ogni minuto trascorso con un bimbo di Aida rende te alunno e loro insegnanti.
Parti di questi momenti saranno raccolti in un video che verrà realizzato durante tutta la durata del campo estivo.
I bambini inoltre hanno disegnato e poi ritagliato una cartina geografica della Palestina storica curata nei minimi dettaglia dinostrazione del forte attaccaento alla propria terra .
Una terra violentata che molti hanno deciso di difendere anche rifiutandosi di vendere o comprare prodotti israeliani.
Oggi a Betlemme alcuni compagni sono entrati in un negozio noto per la vendita di prodotti israeliani attaccando degli adesivi che invitavano al boicottaggio, consegnando una lista dei gazawi feriti e ricoverati nell’ospedale di Betlemme. Inoltre alcuni ragazzi di Aida hanno bloccato un furgone che trasportava prodotti israeliani dell’ Etnuva e Nestlè destinati al campo profughi.
Nelle attività pomeridiane il muro esterno del centro Amal al Mustaqbal è stato imbiancato e su di esso, sotto le bandiere di Palestina, antifascismo e Euskal Herria è stata scritta un frase che da oggi tutti possono leggere:
WE ARE ALL GAZA – KULLUNA GAZA
Gli shebab dell’Aida camp
Amal al Mustaqbal Center
Radio Amal Rossa,